Tutto è connesso come
se fossimo uno. Tutto è connesso in questa casa comune [1]
“Benvenute a casa sorelle!” Con queste parole Suor Jolanta
Kafka, presidente della UISG[2] accoglie
nella nostra sede, le Religiose che andranno al Sinodo. Sentiamo la nostra sede
come la casa internazionale delle suore e, noi che vi lavoriamo, laiche e
consacrate, siamo al servizio della loro missione. Prosegue Sr Jolanta “Noi donne facciamo missione a partire
dall’interconnessione, da una visione olistica della pastorale. Il nostro
apporto principale è la ‘comunione’: partecipate ai gruppi di lavoro creando
comunione. Siate testimoni della vita dei vostri popoli; siate portatrici di
una cultura della cura. Rimanete sempre in contatto con la vostra esperienza e
la vostra terra e non ve ne dimenticate durante i lavori sinodali. Siate donne
che generano legami di senso.”
Mentre scrivo queste righe, come forum internazionale delle
Religiose siamo in pieno fermento per il Sinodo Pan-amazzonico che vedrà, per
la prima volta, la presenza di 35 donne, di cui 23 Religiose: 10 di
quest’ultime invitate dalla nostra organizzazione (sei brasiliane, 2 peruviane
e 2 colombiane), 11 dalla segreteria del Sinodo, 1 consultrice e una
collaboratrice per la comunicazione.
Il ventitré, ricorda, ironicamente, le Madri del Concilio
(23 donne) così bene narrate e portate alla luce dalla teologia Adriana
Valerio.
Un giornalista mi ha chiesto: “Cosa si aspettano le suore da
questo Sinodo?” Durante l’incontro con loro, sedute in cerchio, lo abbiamo
chiesto a loro. “Tutto è connesso, per
noi non esiste separazione tra società, cultura e natura. La natura siamo noi,
la natura è in noi e noi siamo in essa. Ciò che porteremo al Sinodo è ciò che
ci abita dentro.
Parteciperemo a questo
Sinodo come donne consacrate amazzoniche; lo faremo con gioia, senza fare
polemiche. Siamo consapevoli che stare qui è un onore e un privilegio: siamo
qui a nome di tutte le religiose e dei nostri popoli. Sono i nostri popoli che
ci hanno inviato per dire il dramma e la minaccia nella quale vivono i popoli
indigeni. Noi non vogliamo tradire questo mandato. Noi che viviamo in quella
regione siamo radicate nella Terra e chi legge il mondo da uno scrittoio non
può capire cosa significa vivere in quel contesto; soprattutto oggi. Per questo
siamo qui.”
Il cerchio è simbolo molto forte e potente. Abbiamo anche
decorato il centro di questo cerchio perché ci fossero i simboli
dell’amazzonia: terra, acqua, biodiversità, popoli. Ogni simbolo portato dalle
sorelle si è aggiunto ai nostri. Ogni simbolo ha fatto spazio all’altro e si è
creato come un mandala centrale (un cerchio nel cerchio umano) con una sua
armonia. Mi domando spesso cosa possiamo imparare come europei da questo sinodo
e forse, in questo cerchio, c’è una parte della risposta: cooperazione,
partenariato, comunione, sinodalità, comunità, condivisione, partecipazione,
connessione. In sintesi: ecologia integrale, un modo di essere persona, famiglia,
gruppo, nazione, continente.
Qualche mese fa Papa Francesco ha nominato quattro donne
come consultrici della segreteria del Sinodo, di queste, tre sono Religiose:
Nathalie Becquart, Alessandra Smerilli, Maria Luisa Berzosa. Solo quest’ultima
parteciperà a questo Sinodo e le abbiamo posto qualche domanda:
E' la prima volta che partecipi al sinodo in qualità di
consulente nominata ufficialmente: cosa senti e vedi di diverso dallo scorso
anno?
Per ora non colgo
nessuna differenza perché non mi è chiaro quale sia il mio compito come
consulente. È vero che siamo già state consultate per alcune cose prima di
questo Sinodo, e da ciò capisco che il mio ruolo sarà differente dallo scorso
anno, offrendo, ad esempio, appoggio alla segreteria generale. Questa tematica
è differente e sento una grande responsabilità per l’incidenza che l’Amazzonia
ha per il mondo intero. In tutti i casi cercherò di offrire il meglio della mia
persona.
Cosa ti aspetti da un Sinodo così particolare come quello
sull'Amazzonia?
Spero e desidero sia
un’occasione per diventare più consapevoli di ciò che significa “Casa comune”,
mettendo la nostra attenzione sull’Amazzonia per il suo riverbero mondiale.
Sento che non sarà facile, ci saranno tensioni però confido che si aprano
cammini che non possiamo non percorrere.
Cosa può imparare il mondo dal buen vivir e dall'ecologia integrale vissuta in Amazzonia e tanto
voluta da Papa Francesco?
Che c’è spazio per
tutte e tutti, e dipende da come ci prendiamo cura delle risorse, è un dovere
di giustizia che a nessuno manchi il necessario per crescere e svilupparsi
perché la natura offre vita in abbondanza. È un appello forte alla
corresponsabilità dei governi, istituzioni, leggi per instaurare la solidarietà
come priorità. Tutto questo è urgente e se non lo facciamo, avremo conseguenze
ingestibili.
Per voi che leggete, il Sinodo si è concluso e, probabilmente,
avrete tra le mani il documento finale e i fiumi di parole che si sono scritti
per tutto il mese di ottobre.
Ma le premesse sono importanti e quelle di questo Sinodo
sono da sottolineare. Papa Francesco ci ha abituate a tante ‘prime volte’ in
questi anni del suo pontificato.
È la prima volta che un numero così alto di religiose e di
donne partecipa a un’assiste episcopale: sarà una luce che si apre per una
chiesa più sinodale, inclusiva, partecipativa?
La presenza delle consultrice donne: sarà un primo timido
passo per un riconoscimento più esplicito del ruolo delle donne nei luoghi dove
si definiscono le linee della Chiesa?
Diversi sono i temi delicati che potrebbero suscitare delle
tensioni: tra questi il diaconato femminile (esiste un diritto all’Eucarestia
che in Amazzonia è violato?) e il voto negato alle religiose del documento
sinodale.
L’Instrumentum Laboris (che ricordo non è un documento
del Sinodo ma per il Sinodo) raccoglie le istanze della Chiesa amazzonica e,
tra gli articoli, si fa accenno all’accesso all’Eucarestia che, in molti
luoghi, si garantisce ogni tre mesi o una volta all’anno, se non più di rado.
Questo solleva nello stesso documento di lavoro, il tema di ordinare laici e
laiche per l’Eucarestia o di trovare vie per ovviare a questa mancanza.
Mi piacerebbe che questi cambi si adottassero non per
necessità contingenze ma perché se ne riconosce il valore e l’importanza
profetica.
Una giovane teologa indigena, Tania Ávila (Rete Amerindia,
Cochabamba, Bolivia), sintetizza in quattro immagini evocative la loro cultura
e il messaggio che vorrebbe portare al Sinodo.
La prima è il tessuto tipico di quelle zone, spesso tessuto
a mano: dove ogni filo è connesso e, simbolicamente, in questa connessione
quando danneggiamo una parte, danneggiamo anche noi stessi, la nostra famiglia
e società.
La seconda è l’incredibile intreccio formato dai fiumi dell’Amazzonia:
apprendere a essere questi fiumi che hanno velocità e percorsi diversi, le
pietre rallentano la velocità dell’acqua e questo è un bene perché aiuta a
fermarmi, a sostare.
La terza è la maloca,
il luogo dove la comunità si incontra per dialogare: anzi per poligolare. Perché non è un dialogo tra
due ma tra una comunità. La maloca ha due porte, una per entrare e una per
uscire; non serve solo per le persone ma anche per le idee, perché la vita non
si fermi troppo ha bisogno di porte per circolare, per prendere aria e tornare
al cerchio rinvigorita. La cultura amazzonica ha uno stile narrativo, di
racconto. La cultura occidentale è più astratta e riflessiva.
Il quarto è il camminare, il percorso: un cammino in cui ci
si prendere cura, dove c’è spazio per tutti e tutti sono importanti, in una
dinamica di corresponsabilità.
Le sfide di questo Sinodo sono tante: l’Amazzonia è un luogo
teologico e paradigmatico di altri biomi che preoccupano nel mondo (per citarne
uno quello del Congo); in particolare dall’esordio politico di Bolsonaro le
minacce alle comunità indigene sono aumentane notevolmente per favorire
l’estrazione dell’oro e la deforestazione. Il Sinodo sarà questo camminare
insieme per individuare nuovi cammini ecclesiali per l’ecologia integrale,
pertanto non potrà risolvere problemi globali e politici che dovrebbero essere
discussi in altri spazi, ma, come ci insegnano gli indigeni, sarà difficile
separare pastorale e politica, in un luogo che richiama così tanti interessi
finanziari e di potere. Sono certa che la significativa presenza di donne e
rappresentanti indigeni saprà tenere l’attenzione sull’essenziale.
Moyami è una parola
del popolo yonomami dell’Amazzonia al
confine con il Venezuela: sono le persone capaci di interconnettere le forze
del bene presenti ovunque. È un augurio per ciascuna e ciascuno di noi, di
essere questa forza energetica che connette energie generative che sanno far
circolare la vita in abbondanza. E ci auguriamo che anche il Sinodo si apra
alla forza delicata dello Spirito.
L’ Amazzonia in numeri
8 milioni di Km quadrati di superficie
9 regioni coinvolte
35 milioni di abitanti, di cui 3 di indigeni
390 popoli indigeni, di cui 137 non contattati
240 lingue raggruppate in 39 famiglie linguistiche
600 miliardi di alberi (ci sono più alberi nell’Amazzonia
che stelle nella Via Lattea)
20% dell’acqua dolce del mondo riversata in mare
Patrizia Morgante
[1] Video in
omaggio al Sinodo sull’Amazzonia. Musica, parole e arrangiamenti di Cireneu
Kuhn, svd: https://www.youtube.com/watch?v=PLsAtfUGcHU
[2] La UISG
è l’Unione Internazionale delle Superiore Generali. Un’organizzazione
canonicamente riconosciuta nel 1965 che rappresenta la vita religiosa femminile
nel mondo. www.uisg.org
Nessun commento:
Posta un commento