#2019 #gentilezza #docilità #assertivita
Qualche giorno fa mi domandavo: cosa posso fare per il mio paese? Sono stanca di non parlare, di non contribuire limitandomi a osservare impassibile una morte lenta.
Ho pensato di candidarmi alle elezioni? Ho pensato di aprire un canale youtube? Non ho ancora deciso...
Mi preoccupa questa narrazione che oggi occupa tutta la nostra comunicazione; una narrazione piena di paure, di aggressività, di pancia (nel senso di non filtrato).
Questi hashtag mi fanno compagnia #gentilezza #docilità #assertivita, li sento come un programma per me per questo nuovo anno che si apre. Spesso la gentilezza e la docilità sono interpretate come debolezza, come piegarsi senza combattere. Io le ho messe vicine all'assertività, alla capacità di essere in contatto consapevole con noi e a occupare il nostro posto nel mondo.
Sento che il mio paese, che a modo mio amo, sia invecchiato tanto: non solo perché facciamo pochi figli e per l'aumento dell'età media; ma perché scegliamo molto spesso lo status quo, il conosciuto; abbiamo paura di uscire dalla nostra comfort zone; temiamo il sognare una società che si fondi sulla fiducia e non sulla paura, sulla collaborazione e non sulla competizione sfrenata. Credo esista una sana competizione che ci stimoli a dare il meglio. Ecco io tutto questo non lo vedo. Non vedo una nazione generativa, ma chiusa in se stessa; come accade a una persona chiusa nel proprio dolore.
Una società generativa si fonda sul noi, sul benessere condiviso, sul tenere in conto me ma allo stesso tempo anche gli altri. Generativa è una società che vede non solo a corto raggio, ma pensa agli effetti anche a medio e lungo termine del proprio essere e fare oggi.
Qualche giorno fa scrivevo questo su facebook: "Ho riflettuto molto se pubblicare questa riflessione che mi sta girando in testa da qualche settimana, ma dopo la polemica intorno alla frase di Baglioni, ho deciso che si, anche se è facile essere male interpretata. Credo che in questo momento non sia strategico difendere il concetto 'accoglienza migranti', perché per la narrazione culturale che prevale, è facile essere massacrati. Credo che la Chiesa e chi crede in certi principi umani o solo le persone di buon senso, dobbiamo alimentare la cultura che una società che vuole il benessere integrale e prevenire i conflitti deve puntare alla giustizia sociale e a essere inclusiva. Quando le persone sono appagate nei bisogni fondamentali e quelli affettivi lavorano di più, si ammalano di meno e contribuiscono con più fiducia alla comunità. Non si tratta di difendere solo i migranti, si tratta di non escludere nessuno dalla tavola della vita. Aumenta lo scarto tra chi ha molto e chi ha sempre meno. Questo fomenta il malcontento e l'espressione della rabbia; è legittimo. Dobbiamo contribuire a una società che sappia far sentire cittadino accolto chi è ammalato, chi non è più giovane, chi è meno bello e un po' grasso, chi non è in grado di stare al passo con la competizione. Non è buonismo è buon senso. Dobbiamo essere assertivi con chi vuole fare il parassita e vuole assistenzialismo; con chi preferisce le strade 'alternative' per raggiungere obiettivi che sono diritti; con chi calpesta la dignità delle donne e dei bambini/e... Io farò questo e forse mi sentirà meno frustrata nell'ascoltare il clima politico che ci circonda nel quale non mi riconosco affatto."
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