#genderfobia
“Alcuni pensano che certi
simboli valgano solo per le donne e altri, soprattutto quelli contenuti nei
miti, valgano solo per gli uomini. Ma, in fondo, rappresentano tutti forze di
immensa energia creativa presenti in ogni psiche. Anche se ci sono stati alcun
attributi umani assegnati al mascolino e altri al femminino, entrambi, e tutti,
hanno in realtà la loro dose completa di potenza, forza, ferocia, ricettività e
creatività.”
Clarissa Pinkola Estés in “I desideri dell’anima”
Oh my gender! Si è scatenata l’ironia sui social in queste settimane, in conseguenza della campagna
anti-gender attuata da una parte del mondo cattolico. La satira aiuta ad
abbassare la tensione e, spero, a fare da specchio a un’ansia collettiva che va
ricollocata in confini gestibili.
Scrivo queste note dopo la manifestazione del Family Day 2015
organizzata il 20 giugno a Roma, e lo faccio perché ho bisogno di capire le
contraddizioni che vivo dentro di me e il disagio di aver assistito a uno show, iniziato già settimane prima, di
una parte della Chiesa cattolica, così sollecita a difendere i propri figli e
figlie dall’orco del gender, come se tutti i mali della società, oggi, si
potessero sintetizzare col gender. La considerazione è servita su un piatto
d’argento: perché non ci si mobilita con la stessa passione per la violazione
continua della vita per l’impoverimento e l’esclusione? Già, la sessualità è
un’altra cosa: nulla di più masochistico che voler controllare qualcosa che di
per sé non si può controllare, ma ascoltare, prendersene cura, accompagnare, valorizzare,
custodire, esprimere, amare, gioirne, perché nella nostra vita circoli vita e
ne circoli in abbondanza.
La Chiesa cattolica ha trovato sempre molto naturale mobilitarsi
intorno alle tematiche che afferiscono alla sessualità: è un nervo scoperto che
fa saltare dalla sedia clero e laicato, come se una vita degna potesse passare
solamente per il controllo della sessualità, disincarnando questa energia di
vita dal resto delle altre dimensioni affettiva, corporale, mentale della
persona. Come se non fossimo un tutto unico e inteconnesso. L’importante è che la
sessualità non si “eserciti” fuori dai canoni stabiliti; la dimensione
esistenziale che ruota intorno alla genitalità è secondaria. È questa visione
frammentata della persona umana che, a mio avviso, da origine a battaglie
“ideologiche”.
La #genderfobia ricorda il
fenomeno del capro espiatorio, che, non solo ha il compito di assumere su di sé
tutti i mali con un scopo catartico, ma anche, ancor più importante ai fini di
questa riflessione, distrarre dalla complessità della vita e ipotizzare una
soluzione superficiale, qualunquistica (populistica, direbbero alcuni, perché
va a toccare le viscere inconsce della persona umana e le manipola a suo uso e
consumo) per delle problematiche che richiedono un’analisi profonda, un ascolto
attento di come queste toccano le vita delle persone, un lavoro umile per
ricucire i fili di un tessuto articolato come l’identità sessuale e la codifica
dei generi nelle culture e nei sistemi sociali.
La Conferenza Episcopale Italiana ha scelto di non aderire
formalmente alla manifestazione, pur condividendone gli obiettivi e le istanze.
Questo mi è sembrato un segno importante: non perché abbiamo segnato un punto a
nostro favore, non si tratta di questo e non corrisponderebbe a verità. Il segno
è nella misura che lascia uno spiraglio, un dubbio, più che ragionevole, che
questa crociata di piazza non sia il modo migliore per affrontare in modo
maturo e adulto il tema.
I toni degli appelli sono apocalittici, l’urgenza di mobilitarsi
da crociata, gli slogan terrorizzanti.
Le forze in campo in questo conflitto sul gender si possono
sintetizzare in due grandi blocchi, con tutti i limiti che le sintesi e le
generalizzazione hanno: una parte del mondo cattolico alimentato dalla gerarchia
ecclesiastica contro le associazioni e i movimenti della società civile a
difesa dei diritti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender), e viceversa
ovviamente.
Tutto ha avuto inizio con degli inviti promossi dall’Unione
Europea e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (con relativi documenti
facilmente reperibili in internet) a promuovere nelle scuole un’Educazione al
rispetto delle differenze che prevenisse atti di bullismo e di esclusione delle
persone che si presentano con un’identità sessuale e comportamentale differenti
da quelli riconosciuti “normali” in un contesto socio-culturale. Il fatto che
le associazioni LGBT raccogliessero immediatamente questo invito, da loro
sollecitato dopo numerosi atti di violenza a scapito di persone gay, ha innalzato
immediatamente il muro del pregiudizio e dell’eresia da parte del mondo
cattolico, istituzionale e di base. È iniziata così una campagna di
disinformazione totale sul tema del gender, che per la sua complessità, non si
esaurisce e identifica con le lotte per i diritti delle persone LGBT.
Proviamo a fare chiarezza. Gender
è il modo in cui una società e una cultura codificano socialmente il ruolo
del maschile e del femminile. È la sovrastruttura, culturalmente definita,
della dimensione biologica dei due sessi. Essere biologicamente maschi in
Italia o in Tanzania è diverso: ciò che fa la differenza è l’interpretazione
sociale che dell’essere maschio si fa in quel preciso contesto culturale.
Questo è il genere. È una categoria sociologica che esiste da tempo, intorno
alla quale sono nate varie teorie. Pertanto non esiste una teoria di
genere, ma una pluralità di letture, di prospettive scientifiche diverse che
non portano a una parola definitiva. Tutte, però, convergono sulla differenza
tra il dato biologico (sesso) e il vissuto di questo dentro un contesto sociale
(genere).
Le parole che i promotori della Family Day associano a “gender”,
nello stile spot giornalistico, sono: ideologia[i] e
eresia[ii].
Entrambe hanno un valore simbolico forte nell’immginario del mondo ecclesiale
cattolico; in questo caso sono impiegate con tutta la loro forza dispregiativa,
e un incisivo effetto emotivo che smuove le viscere di chi non ha affatto
approfondito il tema. E non è ideologico e pregiudiziale l’accanirsi tout court
contro il gender?
Mi piace pensare che, in un’ottica di dialogo per il bene degli
uomini e delle donne che abitiamo questa “casa comune”, si possa avere l’umiltà
di sentire che nella posizione dell’altro ci possa essere una verità, un
messaggio che ha senso e che mi dice qualcosa. Questo vale per entrambi i
blocchi: avendo ascoltato e seguito un po’ le varie posizioni, trovo un
irrigidimento reciproco che non favorisce il dialogo e la negoziazione su
aspetti così fondamentali per il nostro esistere.
Da cosa dobbiamo difendere i nostri figli? I rischi per
l’educazione sono tanti e dovremmo scendere in piazza ogni giorno: la sfida è
più profonda perché è antropologica. Ha a che vedere con l’idea che abbiamo di
donna e di uomo, anzi di donne e uomini, e che società desideriamo costruire.
La realtà si presenta a noi con una sua forza propria e
un’autonomia che non ci chiede il permesso per succedere e divenire. È questa
la sfida etica per tutti e tutte alla quale abilitarci ed educarci: guardare e
ascoltare la realtà, comprenderla e rispondere (nel senso di sentire una
responsabilità). Risposta come responsabilità, responsabilità come prendersi
cura, attenzione ai dettagli e a dove abita il mistero.
Oggi ci sono gridi da ascoltare che ci vengono da persone che
desiderano altro da ciò che è codificato come “normale”: dalla donna che non è
interessata a essere madre, all’uomo che lascia il lavoro per accudire i propri
figli, a una persona che cromosomicamente donna si sente attratta e felice in
una relazione affettiva e amorosa con un’altra donna; un uomo che si veste da
donna conservando i tratti tipici di un maschio. Quale sapienza e bellezza
cogliere in questa realtà per imparare a vivere in modo sempre più largo e
profondo?
Questa riflessione muove dal profondo desiderio di creare ponti
di dialogo tra le posizioni diverse sui temi del genere, dei ruoli e
dell’identità sessuale, degli orientamenti sessuali, senza perdere di vista ciò
che è essenziale: la capacità di amare di ciascuno di noi, una capacità che ci
rende trascendenti perché va al là di noi stessi, ci capacita a essere verso
l’infinito. L’amore apre nuovi spazi, amplia quelli esistenti, genera nuove
possibilità. È a partire da questo che vorrei leggere la realtà dei generi.
Mi fa piacere che a ospitare questa riflessione ad alta voce sarà
il sito di Mosaico di Pace, una rivista
che è attenta a visitare gli interstizi della storia, che possono generare
un’altra narrazione. Il suo stile è dialogico, aperto al confronto e mai
dogmatico: è con questo approccio che vi invitiamo a continuare a parlarne e a
confrontarci, evitando toni da crociata da una parte e posizioni anticlericali
pregiudizievoli dall’altra. La domanda non è: Gender si o no? La sfida etica, antropologica e spirituale è capire
cosa accade nella società, in questa sfera così intima e misteriosa che è la
persona e la sua sessualità, e provare a delineare un linguaggio e un cammino
che ci permettano di far circolare vita...
Qualche spunto per
l’approfondimento
La scelta di questi materiali è del tutto personale: alcuni mi hanno aiutata
a entrare nella profondità del mistero della vita. Altri hanno aperto
interrogativi: il miglior metodo, a mio avviso, per penetrare la complessità
della vita. Parte di essi sono gender
oriented: nel senso che partono da un’assunzione condivisa, pur nelle
differenze, che il gender non né un’eresia, né un’ideologia.
Antonietta Potente, Umano più umano, Piagge
Calogero Caltagirone, Cettina Militello (a cura di), L’identità di
genere, EDB
Massimo Recalcati, La forza del desiderio, Qiqajon
Steafanie Knauss, La saggia inquietudine. Il corpo nell’ebraismo, nel
cristianesimo e nell’islam, Effatà
Vito Mancuso, Io amo, Garzanti
Vito Mancuso, Questa vita, Garzanti
Riviste
Il Regno, Studio Donne e Teologia. Dire la differenza oltre le
ideologie, 15 gennaio 2015
Leggendaria, Scuola, è guerra sul Gender, marzo 2015
Aggiornamento sociali, articolo Come pensare oggi la differenza
sessuale, maggio 2014
Protestantesimo, Scandalo o follia, terzo e quarto trimestre 2013
Patrizia Morgante
http://patriziamorgante.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento